Google Question Hub: il nuovo tool con le query ancora prive di risposta

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Il 2021 è un anno senza dubbio ricco di novità per Google. Big G si appresta infatti a lanciare, nel mese di maggio, il Page Experience Update – a cui abbiamo dedicato un post del blog di You&Web  – aggiornamento che rappresenta una svolta per quanto riguarda la gestione della valutazione delle pagine senza il ricorso massiccio a fattori esterni.

Guardare ai nuovi passi del motore di ricerca in questo inizio 2021 significa anche, per forza di cose, citare il lancio negli USA di Google Question Hub, tool rilasciato per la prima volta in versione beta nel 2019 e dedicato alle query ancora prive di risposta.

Se vuoi scoprire i dettagli in merito e capire come può essere utile al tuo business online, non ti resta che seguirci nelle prossime righe di questo articolo.

Google Question Hub: il lancio per gli utenti USA

A seguito di diversi test condotti in India, Indonesia e Nigeria, nelle scorse settimane è stato ufficializzato il lancio di Google Question Hub sul mercato USA. Per capire meglio le specificità di questo tool, accessibile tramite un account su Search Console, è utile fare riferimento alle parole stesse di Big G, che definisce questa feature come “ a tool that enables creators to create richer content by leveraging unanswered questions”  (un tool che consente ai creator di mettere a punto contenuti più ricchi sfruttando le domande senza risposta”).

Il tool in questione, sul cui lancio in Italia non si hanno ancora dettagli salvo la possibilità di iscriversi a una wait list, può risultare molto interessante anche in virtù dell’update sopra ricordato e della necessità sempre più preponderante di creare contenuti in grado di garantire un’esperienza di totale qualità all’utente. Non bisogna infatti dimenticare che, nonostante il maggior peso che avranno aspetti come la stabilità di pagina, le prestazioni di caricamento e l’interattività, i contenuti testuali pertinenti ed esaustivi rimarranno decisivi ai fini del ranking.

Tornando al tool, è opportuno fare presente che le indicazioni sull’assenza di risposta a una determinata query – i termini o le frasi che si digitano sulla barra del motore di ricerca – arrivano dagli utenti stessi. I creator hanno la possibilità di visualizzare le domande per le quali gli utenti cercano risposte. Una volta messo a punto il contenuto, hanno modo di inviare la URL, in modo da riuscire a colmare quello che, a tutti gli effetti, è un gap informativo.

Come può essere utile a chi ha un business online?

A questo punto, è naturale chiedersi in che modo questo tool possa essere utile a chi ha un business online che vede nei contenuti testuali un fattore fondamentale per il successo (p.e. un e-commerce che ha un blog e la necessità di posizionare gli articoli sui motori di ricerca, attirando traffico in target).

Interessante a  tal proposito è la possibilità, dopo aver inviato il  contenuto, di accedere a una miriade di informazioni preziose sulle sue prestazioni (p.e. le impression e i click). Un aspetto che è bene sottolineare riguarda il fatto che, come evidenziato sempre da Mountain View, l’invio di un contenuto non influisce sul posizionamento del sito.

Di certo c’è che, grazie alla già citata possibilità di tenere traccia dell’impatto che il suddetto contenuto ha avuto, si ha modo di tarare l’approccio strategico, ottimizzandolo nel corso del tempo sulla base di dati concreti.

Come funziona Google Question Hub?

Come è chiaro da questi paragrafi, l’utilizzo di Google Question Hub è estremamente semplice.

Fonte: searchengineland.com

Basta accedere alla pagina dedicata al tool e ci si trova davanti all’elenco delle query ancora senza risposta. Come è evidenziato nell’immagine che puoi vedere qui sopra, cliccando sul record “Add a question” è possibile, per l’utente, aggiungere la propria domanda.

Le potenzialità

Da questa novità di Google si può imparare molto e, per esempio, rendersi conto che la funzione del tool, pensata per contenuti creati per scalare la SERP (la pagina dei risultati dei motori di ricerca), può essere sfruttata anche per altri media. Uno spunto possibile – a chiamarlo in causa è stata la giornalista Laurie Sullivan su Media Post – riguarda l’acquisto di spazi commerciali liberi sui servizi di streaming, dove non è infrequente trovare, nell’ambito degli spazi pubblicitari, intermezzi temporali privi di annunci.