NFT (Not Fungible Token): cosa sono e perché i brand non possono ignorarli

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Cosa sono i NFT (Not Fungible Token)? Perché i brand, oggi come oggi, non possono ignorarli? Se stai leggendo queste righe, significa che ti interessa sapere qualcosa di più su uno dei temi del momento per quanto riguarda il mondo digital e quello crypto in particolare. Nelle prossime righe dell’articolo, potrai scoprire le risposte a queste domande.

NFT: di cosa si tratta di preciso?

Da diversi mesi a questa parte – nelle prossime righe scopriremo meglio perché – si parla tantissimo di NFT (Not Fungible Token). Cosa sono di preciso? Quando li si chiama in causa, si inquadrano delle informazioni digitali – token crittografati per la precisione – presenti all’interno di una blockchain.

Associati a determinati media, quando vengono acquistati possono essere considerati a tutti gli effetti degli attestati di proprietà o di autenticità. Per comprendere meglio cosa sono e perché sono importanti, è doveroso soffermarsi sull’espressione “not fungible”.

Nel momento in cui la si analizza, si inquadrano degli elementi contraddistinti da un’individualità che li rende unici e insostituibili. In questo frangente, ci viene in aiuto la definizione messa in campo dal portale Crypto Casey che, per descrivere i NFT, utilizza queste parole: “rappresentazione digitale di un asset unico che non può essere scambiato allo stesso modo con un altro NFT dello stesso tipo”. Impossibili da distruggere, funzionano tramite smart contracts – protocolli informatici tramite i quali è possibile verificare, facilitare o far rispettare l’esecuzione di un contratto o la sua negoziazione – e sono verificabili (nel caso delle opere d’arte, di cui parleremo nel prossimi paragrafi, non è quindi richiesto alcun riconoscimento da parte di terzi).

Chiarito questo aspetto basilare, vediamo come mai se ne sta parlando tantissimo ultimamente.

Perché se ne parla tanto

Ad attirare l’attenzione del mondo sui NFT ci ha pensato Jack Dorsey, CEO e founder di Twitter, che ha venduto il suo primo post sul social dei cinguettii – contenuto risalente al lontano 2006 – come Not Fungible Token a una cifra pari a 2,9 milioni di dollari.

Dietro a questa notizia c’è un mercato che, negli ultimi anni, è cresciuto in maniera a dir poco notevole. Tutto è partito nel 2017, quando è stato sviluppato, a partire dalla Blockchain di Ethereum, Crypto Kitties, un videogioco che permetteva agli utenti di allevare virtualmente dei gattini, ciascuno dei quali era unico, vendibile e con un valore variabile nel tempo e legato a specifiche medie di mercato.

Questo progetto ha rappresentato l’embrione degli attuali NFT che, nel 2020, sono stati al centro di un giro d’affari pari a 250 milioni di dollari. Quali sono i numeri attuali? Come evidenziato dal sito Nonfungible.com, una miniera di informazioni preziosa sul mondo dei NFT, nell’ultimo mese si può parlare di un volume di vendite superiore ai 209 milioni di dollari.

Come possono essere utili ai brand (e al mercato dell’arte)

In che modo i NFT possono rivelarsi utili per i brand? I loro vantaggi sono diversi e possono riguardare aspetti come l’ottimizzazione della brand awareness, l’aumento dell’engagement online e dell’interesse nei confronti dell’azienda o del singolo prodotto.

Esistono diverse case history interessanti in merito. Tra queste, è possibile citare l’esempio di Taco Bell, che ha utilizzato i NFT facendo leva su un aspetto essenziale oggi per chi ci rivolge al target dei millennial (gli utenti nati tra l’inizio degli anni ‘80 e la prima metà degli anni  ‘90): il fatto di mettere in primo piano valori in cui gli utenti possano riconoscersi.

Come si è mossa di preciso la catena di fast food? Mettendo in vendita GIF NFT con lo scopo di raccogliere fondi destinati al progetto Live Más Scholarship, un’iniziativa nata con lo scopo di mettere a disposizione borse di studio per giovani che, forti delle loro passioni, portano avanti progetti potenzialmente in grado di cambiare il mondo. Trenta minuti dopo la loro presentazione, tutte le GIF erano state acquistate.

Quando si parla delle implicazioni legate all’utilizzo dei NFT quando si fa business, non si può non chiamare in causa il mondo dell’arte. In questo campo spicca indubbiamente il nome di Mike Winkelmann, più noto con lo pseudonimo di Beeple Crap, che ha venduto come Not Fungible Token un file jpg per una somma che si aggira attorno ai 70 milioni di dollari. Per la precisione, si tratta del primo NFT totalmente digitale ad essere messo all’asta da Christie’s.

In che modo i Not Fungible Token possono impattare sul mercato dell’arte? Per diversi motivi. Innanzitutto, mettono in risalto il principio della scarsità. Se, come ricordato sulle pagine di TIME, un collezionista viene a conoscenza dell’esistenza della versione originale di un’opera, è più propenso all’acquisto.

C’è chi parla di una bolla e chi, invece, non può non riscontrare la scelta di numerosi artisti digitali che, dopo anni di pubblicazione delle loro opere su social come Facebook e Instagram senza alcuna monetizzazione, si sono rivolti con interesse ai NFT, che potrebbero rappresentare il primo passo di una rivoluzione della tecnologia blockchain in grado di coinvolgere anche ambiti come l’immobiliare e la sanità.